Spesso, soprattutto quando la vita si fa turbolenta, mi capita di chiedermi se stia praticando la Meditazione – quella formale, deliberata, scandita da un inizio e una fine – in modo corretto, oppure se stia solo praticando una forma di intrattenimento per l’Ego.
Al di là delle definizioni in cui la si voglia incastrare, meditavo sulla parola Meditazione: oltre ogni preconcetto, come la sento, oggi?
Non cerco una definizione, e lascio che qualcosa emerga: un’immagine, un suono, una sensazione?
Magari nulla.
E va bene così.
Spesso mi succede di visualizzarle, le parole, quando chiudo gli occhi. E così è stato quando meditavo. Dietro le palpebre, la parola “Meditazione” si muoveva, le lettere ondeggiavano, fino a che la “T” è scivolata via.
Subito ho visto il vuoto, la mancanza.
Poi uno strano solletico al cuore, uno zampillo di pace, quel brivido piacevole che ti attraversa in ogni millimetro dell’essere, così concreto e palpabile, ma che ti scivola subito dalle dita, se provi ad afferrarlo.
L’attenzione si è spostata dallo spazio vuoto creatosi tra le lettere, ed è stata con ciò che rimaneva, che c’era:
“Mediazione“.
La Meditazione è forse Mediazione? Con lo Spirito, con tutto quello che di più grande contiene e lo contiene, e che – come quel senso di pace – è inafferrabile, ma pervasivo e tangibile, anche solo per il frammento di un istante.
Quello che sembrava un vuoto, uno spazio da riempire, era già pieno, di qualcos’altro che immediatamente non vedevo.
Un vuoto pieno.
La disciplina, la costanza, la pratica formale sono fondamentali, ma con questa piccola riflessione voglio ricordarmi/ci che tutto ciò che fa da ponte, che ci permette di mediare con lo Spirito, è – credo – Meditazione.
Con gentilezza e curiosità, diamoci sempre la possibilità di esplorare e di cercare i nostri ponti. Senza sentirci inadeguati se non abbiamo ancora trovato i nostri.